domenica 17 luglio 2016

DIARIO DI UNA FUORISEDE –capitolo tredici: in cucina-



La cucina è uno di quei luoghi che dovrebbero essere off limits  per alcuni studenti. La maggior parte della ferraglia presente in quella stanza è sconosciuta a quei ragazzi la cui frequentazione, prima di diventare dei fuori sede, si limitava al frigo. I primi handicap che essi manifestano riguardano l’accensione dei fornelli: essi girano la manopola attendendo la fiamma che non si manifesta , si avvicinano, annusano un po’ di gas, si inebetiscono e poi vengono soccorsi dai coinquilini che gli porgono l’accendino: “a casa mia si accende in automatico” questa è la scusa che offrono. I problemi maggiori si verificano quando anche il forno necessita di un’accensione manuale e in tali occasioni lo studente comincia a prepararsi psicologicamente molte ore prima di cominciare a cucinare; escogita le tecniche più assurde: accartoccia gli appunti di statistica ed economia sanitaria e li usa per creare una mega-torcia da usare come accensione ed evitare di infilare il braccio nel forno manco fosse a rischio di esplosione. Dopo i primi approcci con gli elettrodomestici, e dopo aver perfino scambiato il frullatore per un arricciacapelli, comincia a cimentarsi con la preparazione delle prime pietanze. Quasi ogni studente ha sperimentato l’ira funesta dell’olio bollente quando si aggiungono i pomodorini: in queste occasioni l’intera cucina si sporca di rosso sangue come se fosse avvenuto un efferato omicidio e lo studente striscia pauroso e intimidito  sul pavimento fino a quando riesce a trovare il pomello giusto e a spegnere la fiamma. La maggior parte dei fuori sede manifesta il proprio odio per la chimica proprio in cucina: si prova così tanta rabbia per il cloruro di sodio che ci si rifiuta perfino di usarlo e in questo modo le zucchine acquisiscono lo stesso sapore del filetto di carne e del salmone. Quando lo studente si dimentica di unire il sale all’acqua di cottura della pasta, spesso lo aggiunge quando la pietanza è impiattata, in fondo-si ripete- rispetta il principio dell’equilibrio chimico, ma gli sfugge che sarà costretto per il resto della giornata a bere come un cammello africano. Dal semplice incidente di confusione del sale con lo zucchero nel caffè( episodio accompagnato da spruzzi fuoriuscenti contemporaneamente dal naso e dalla bocca), passa a preparare una frittata senza friggerla perché dimentica l’olio: “è più dietetica” replica ai coinquilini esterrefatti. Talvolta lo studente decide di cimentarsi nella preparazione di quel prelibato piatto visto in tv dalla Clerici e copiato senza ritegno  anche dalla Parodi:  la cotoletta alla milanese; per impanare due fettine di carne è capace di sporcare l’intero servizio di piatti a sua disposizione, a riprova della sua grande manualità.  “I manici bruciati” sono la sua vera specialità: ogni pentola, padella e macchinetta del caffè è stata seviziata con la fiamma più alta del necessario. Spesso dopo aver estratto una teglia dal forno con tutta l’accuratezza per non scottarsi, va in contro ad una profonda bruciatura su tutto il palmo della mano nel momento in cui deve fare le porzioni e impiattare. Ma la vera abilità dello studente alle prese con la cucina sta nello sporcarsi sempre quando deve ritornare a lezione e tutti i panni sono nella lavatrice: le volte successive, per evitare di macchiarsi, lo si vede accanto ai fornelli con una tuta dei RIS.

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