domenica 17 luglio 2016

DIARIO DI UNA FUORISEDE –capitolo quindici: il piano di studio-



Il piano di studio di uno studente è paragonabile ad un rebus difficoltà “esperto” della Settimana Enigmistica: è indecifrabile per la maggior parte delle persone, è illegibile ed ermetico: non vi è possibilità di comprensione tra tutte quelle date e le materie che si accavallano le une sulle altre. All’inizio del semestre lo studente perde un giorno intero per compilare su un foglio di carta una tabella: normalmente sull’asse delle ordinate scrive le materie di cui deve dare gli esami, e su quella delle ascisse i vari mesi della sessione invernale, pasquale,marco, matteo ed estiva. Il vero divertimento comincia quando deve copiare dal sito web della facoltà le date: se tutto va bene troverà il file giusto dopo venti tentativi andati a male. Nel ricopiare le date sulla sua favolosa tabella si rende conto che molti esami sono nello stesso giorno: è un errore di battitura del simpatico e grassottello signore della segreteria o davvero i professori credono che gli studenti siano dotati del potere dell’ubiquità?  Il momento più arduo e difficile è scegliere in che ordine dare le materie, e tale evento diventa ancora più complicato e problematico se oltre agli esami dell’anno in corso si aggiungono anche quelli degli anni precedenti.  Lo studente decide di fare prima l’esame di biologia e genetica alla prima data utile di gennaio e di dare pochi giorni più tardi biochimica perché- si convince- metà del programma è uguale! Poi conta di inserire altre due o tre idoneità a febbraio, e di lasciare l’esame di anatomia, più lungo dei rotoloni Regina, alla sessione di aprile. Il tempo passa inesorabile fino agli inizi di gennaio e lo studente, solo la notte del veglione quando è in discoteca, si rende conto che pochi giorni più tardi lo attende al varco Mendel con tutti i suoi piselli colorati gialli e verdi; allora lui si chiede :”come può essere già gennaio se la settimana scorsa era ottobre?” Il suo piano di studio salta per la prima volta: non può dare l’esame di biochimica al primo appello se non conosce la metà del programma(ma in realtà neanche l’altra), quindi decide di posticiparlo alla seconda data utile. In tale data lo studente ha fatto perdere le sue tracce, è scomparso, non lo si trova da nessuna parte, non risponde alle telefonate, il suo stato su facebook è fermo  all’era paleolitica. Lo si ritrova in una stanza buia e polverosa della biblioteca a studiare in maniera così passiva il libro che ha imparato perfino la prefazione dell’autore, parla in biochimichese, e cucina la carne ripetendo la struttura delle proteine. Il suo piano di studi salta per la seconda volta e la terza salta invece perché il professore sta nervoso e vuole tornare a casa prima (classica scusa che racconta in giro per raccogliere consensi e motivare il suo insuccesso). Da tali tragici eventi lo studente capisce che i “primi appelli” sono stati inventati solo per giustificare la presenza dei secondi e dei terzi, in realtà, infatti, non si può trarre alcun vantaggio da essi: gli studenti normo-dotati non proveranno mai un esame al primo appello; essi servono per far aumentare l’ansia dello studente che quel giorno entrerà in aula solo per  trascrivere le domande fatte alle secchie e assistere alla loro immolazione (provando così un po’ di sadico piacere). Talvolta capita che lo studente non provi mai durante un semestre quella gioia irresistibile e irrefrenabile che deriva dalla cancellazione della materia sul suo foglio del piano di studi: quando la penna si poggia sulla carta, ci si lascia trasportare sempre dalla felicità repressa per molti mesi tanto che si rischia di bucare non solo il foglio, ma anche la scrivania e il pavimento. Tuttavia quando ciò non si verifica, il dolore maggiore dello studente non deriva dal mancato superamento dell’esame, bensì dalla prospettiva di dover aggiornare e allungare la tabella.

DIARIO DI UNA FUORISEDE –capitolo quattordici : le relazioni-



Una studentessa fuori sede single per “scelta altrui o divina” non è mai realmente sola: lei stringe una molteplicità di relazioni con soggetti possenti,a volte però davvero pesanti, e impara a capirli, a comprendere il loro linguaggio, consuma la maggior parte delle giornate ad accarezzarli, li porta sempre con sé, e spesso, specialmente in procinto dell’esame, trascorre molte notti in loro compagnia: i libri sono proprio quelli che si definiscono “fidanzati perfetti”! Tale insulsa copertura è accompagnata sempre da frasi, come “voglio solo dedicarmi allo studio”, alle quali lei è l’unica che ci crede. La realtà è ben diversa: vittima dei suoi stessi ormoni impazziti, si da’ inconsapevolmente alla spasmodica ricerca di un compagno come una quaglia nella stagione dell’accoppiamento. Ogni individuo del sesso opposto nel quale si imbatte  è esaminato ai raggi X anche a lunga distanza( in questi momenti le cinque diottrie mancanti ritornano miracolosamente). Superata la fase “fisionomica” si cerca di avere un primo contatto verbale con il soggetto: se la studentessa non fuma, da questo momento improvvisamente andrà in giro con le sigarette in borsa, ma prontamente senza accendino; spezzerà volontariamente la punta a tutte le matite per poter chiedere un temperino in prestito(anche se personalmente non ho mai visto un ragazzo con un temperino nell’astuccio, anzi, in realtà non ho mai visto un ragazzo con l’astuccio) ; inoltre dimenticherà forzatamente tutto il programma d’esame per poter chiedere falsi chiarimenti, passando anche per cretina.  Giunta a casa la prima cosa che fa è quella di cercarlo su facebook: invia la richiesta d’amicizia(dopo avergli detto appena “ciao”) mentre già si vede vestita da sposa sull’altare. Aspetta con ansia la notifica rossa e poi si catapulta sulla sua bacheca. A questo punto basta solo un fugace sguardo per capire che forse è meglio tornare dai libri: nella migliore delle ipotesi lui è “fidanzato ufficialmente con Pinca Palla” e ogni due post c’è una canzone di Tiziano Ferro seguita da un culo capovolto (“ <3 ”)  che provocano nella studentessa picchi altissimi di glicemia e carie dentarie; nella peggiore invece lui gioca a Farmville, o Petville, o Cityville, e quindi le uniche cose di cui ha bisogno sono legna, mangime e sementi. Esiste in realtà anche un’altra categoria di “papabili” che forse risulta essere quella più criptica da comprendere per la studentessa, ossia quelli che flirtano apertamente in classe o al bar e che poi hanno una bacheca su FB marcata da quella che si scopre essere la fidanzata come un cane fa nel parco con la sua pipì.  Alla luce di tutti questi aggiornamenti di stato la studentessa decide di spegnere il pc , si avvicina alla scrivania, accarezza il libro e sospira: ”Domani è un altro capitolo!”

DIARIO DI UNA FUORISEDE –capitolo tredici: in cucina-



La cucina è uno di quei luoghi che dovrebbero essere off limits  per alcuni studenti. La maggior parte della ferraglia presente in quella stanza è sconosciuta a quei ragazzi la cui frequentazione, prima di diventare dei fuori sede, si limitava al frigo. I primi handicap che essi manifestano riguardano l’accensione dei fornelli: essi girano la manopola attendendo la fiamma che non si manifesta , si avvicinano, annusano un po’ di gas, si inebetiscono e poi vengono soccorsi dai coinquilini che gli porgono l’accendino: “a casa mia si accende in automatico” questa è la scusa che offrono. I problemi maggiori si verificano quando anche il forno necessita di un’accensione manuale e in tali occasioni lo studente comincia a prepararsi psicologicamente molte ore prima di cominciare a cucinare; escogita le tecniche più assurde: accartoccia gli appunti di statistica ed economia sanitaria e li usa per creare una mega-torcia da usare come accensione ed evitare di infilare il braccio nel forno manco fosse a rischio di esplosione. Dopo i primi approcci con gli elettrodomestici, e dopo aver perfino scambiato il frullatore per un arricciacapelli, comincia a cimentarsi con la preparazione delle prime pietanze. Quasi ogni studente ha sperimentato l’ira funesta dell’olio bollente quando si aggiungono i pomodorini: in queste occasioni l’intera cucina si sporca di rosso sangue come se fosse avvenuto un efferato omicidio e lo studente striscia pauroso e intimidito  sul pavimento fino a quando riesce a trovare il pomello giusto e a spegnere la fiamma. La maggior parte dei fuori sede manifesta il proprio odio per la chimica proprio in cucina: si prova così tanta rabbia per il cloruro di sodio che ci si rifiuta perfino di usarlo e in questo modo le zucchine acquisiscono lo stesso sapore del filetto di carne e del salmone. Quando lo studente si dimentica di unire il sale all’acqua di cottura della pasta, spesso lo aggiunge quando la pietanza è impiattata, in fondo-si ripete- rispetta il principio dell’equilibrio chimico, ma gli sfugge che sarà costretto per il resto della giornata a bere come un cammello africano. Dal semplice incidente di confusione del sale con lo zucchero nel caffè( episodio accompagnato da spruzzi fuoriuscenti contemporaneamente dal naso e dalla bocca), passa a preparare una frittata senza friggerla perché dimentica l’olio: “è più dietetica” replica ai coinquilini esterrefatti. Talvolta lo studente decide di cimentarsi nella preparazione di quel prelibato piatto visto in tv dalla Clerici e copiato senza ritegno  anche dalla Parodi:  la cotoletta alla milanese; per impanare due fettine di carne è capace di sporcare l’intero servizio di piatti a sua disposizione, a riprova della sua grande manualità.  “I manici bruciati” sono la sua vera specialità: ogni pentola, padella e macchinetta del caffè è stata seviziata con la fiamma più alta del necessario. Spesso dopo aver estratto una teglia dal forno con tutta l’accuratezza per non scottarsi, va in contro ad una profonda bruciatura su tutto il palmo della mano nel momento in cui deve fare le porzioni e impiattare. Ma la vera abilità dello studente alle prese con la cucina sta nello sporcarsi sempre quando deve ritornare a lezione e tutti i panni sono nella lavatrice: le volte successive, per evitare di macchiarsi, lo si vede accanto ai fornelli con una tuta dei RIS.