Il piano di
studio di uno studente è paragonabile ad un rebus difficoltà “esperto” della
Settimana Enigmistica: è indecifrabile per la maggior parte delle persone, è
illegibile ed ermetico: non vi è possibilità di comprensione tra tutte quelle
date e le materie che si accavallano le une sulle altre. All’inizio del
semestre lo studente perde un giorno intero per compilare su un foglio di carta
una tabella: normalmente sull’asse delle ordinate scrive le materie di cui deve
dare gli esami, e su quella delle ascisse i vari mesi della sessione invernale,
pasquale,marco, matteo ed estiva. Il vero divertimento comincia quando deve
copiare dal sito web della facoltà le date: se tutto va bene troverà il file
giusto dopo venti tentativi andati a male. Nel ricopiare le date sulla sua
favolosa tabella si rende conto che molti esami sono nello stesso giorno: è un
errore di battitura del simpatico e grassottello signore della segreteria o
davvero i professori credono che gli studenti siano dotati del potere
dell’ubiquità? Il momento più arduo e
difficile è scegliere in che ordine dare le materie, e tale evento diventa
ancora più complicato e problematico se oltre agli esami dell’anno in corso si
aggiungono anche quelli degli anni precedenti.
Lo studente decide di fare prima l’esame di biologia e genetica alla
prima data utile di gennaio e di dare pochi giorni più tardi biochimica perché-
si convince- metà del programma è uguale! Poi conta di inserire altre due o tre
idoneità a febbraio, e di lasciare l’esame di anatomia, più lungo dei rotoloni
Regina, alla sessione di aprile. Il tempo passa inesorabile fino agli inizi di
gennaio e lo studente, solo la notte del veglione quando è in discoteca, si
rende conto che pochi giorni più tardi lo attende al varco Mendel con tutti i
suoi piselli colorati gialli e verdi; allora lui si chiede :”come può essere
già gennaio se la settimana scorsa era ottobre?” Il suo piano di studio salta
per la prima volta: non può dare l’esame di biochimica al primo appello se non
conosce la metà del programma(ma in realtà neanche l’altra), quindi decide di
posticiparlo alla seconda data utile. In tale data lo studente ha fatto perdere
le sue tracce, è scomparso, non lo si trova da nessuna parte, non risponde alle
telefonate, il suo stato su facebook è fermo
all’era paleolitica. Lo si ritrova in una stanza buia e polverosa della
biblioteca a studiare in maniera così passiva il libro che ha imparato perfino
la prefazione dell’autore, parla in biochimichese, e cucina la carne ripetendo
la struttura delle proteine. Il suo piano di studi salta per la seconda volta e
la terza salta invece perché il professore sta nervoso e vuole tornare a casa
prima (classica scusa che racconta in giro per raccogliere consensi e motivare
il suo insuccesso). Da tali tragici eventi lo studente capisce che i “primi appelli”
sono stati inventati solo per giustificare la presenza dei secondi e dei terzi,
in realtà, infatti, non si può trarre alcun vantaggio da essi: gli studenti
normo-dotati non proveranno mai un esame al primo appello; essi servono per far
aumentare l’ansia dello studente che quel giorno entrerà in aula solo per trascrivere le domande fatte alle secchie e
assistere alla loro immolazione (provando così un po’ di sadico piacere).
Talvolta capita che lo studente non provi mai durante un semestre quella gioia
irresistibile e irrefrenabile che deriva dalla cancellazione della materia sul
suo foglio del piano di studi: quando la penna si poggia sulla carta, ci si
lascia trasportare sempre dalla felicità repressa per molti mesi tanto che si
rischia di bucare non solo il foglio, ma anche la scrivania e il pavimento.
Tuttavia quando ciò non si verifica, il dolore maggiore dello studente non
deriva dal mancato superamento dell’esame, bensì dalla prospettiva di dover
aggiornare e allungare la tabella.
domenica 17 luglio 2016
DIARIO DI UNA FUORISEDE –capitolo quattordici : le relazioni-
Una
studentessa fuori sede single per “scelta altrui o divina” non è mai realmente
sola: lei stringe una molteplicità di relazioni con soggetti possenti,a volte
però davvero pesanti, e impara a capirli, a comprendere il loro linguaggio,
consuma la maggior parte delle giornate ad accarezzarli, li porta sempre con
sé, e spesso, specialmente in procinto dell’esame, trascorre molte notti in
loro compagnia: i libri sono proprio quelli che si definiscono “fidanzati
perfetti”! Tale insulsa copertura è accompagnata sempre da frasi, come “voglio
solo dedicarmi allo studio”, alle quali lei è l’unica che ci crede. La realtà è
ben diversa: vittima dei suoi stessi ormoni impazziti, si da’ inconsapevolmente
alla spasmodica ricerca di un compagno come una quaglia nella stagione
dell’accoppiamento. Ogni individuo del sesso opposto nel quale si imbatte è esaminato ai raggi X anche a lunga distanza(
in questi momenti le cinque diottrie mancanti ritornano miracolosamente). Superata
la fase “fisionomica” si cerca di avere un primo contatto verbale con il
soggetto: se la studentessa non fuma, da questo momento improvvisamente andrà
in giro con le sigarette in borsa, ma prontamente senza accendino; spezzerà volontariamente
la punta a tutte le matite per poter chiedere un temperino in prestito(anche se
personalmente non ho mai visto un ragazzo con un temperino nell’astuccio, anzi,
in realtà non ho mai visto un ragazzo con l’astuccio) ; inoltre dimenticherà
forzatamente tutto il programma d’esame per poter chiedere falsi chiarimenti,
passando anche per cretina. Giunta a
casa la prima cosa che fa è quella di cercarlo su facebook: invia la richiesta
d’amicizia(dopo avergli detto appena “ciao”) mentre già si vede vestita da
sposa sull’altare. Aspetta con ansia la notifica rossa e poi si catapulta sulla
sua bacheca. A questo punto basta solo un fugace sguardo per capire che forse è
meglio tornare dai libri: nella migliore delle ipotesi lui è “fidanzato
ufficialmente con Pinca Palla” e ogni due post c’è una canzone di Tiziano Ferro
seguita da un culo capovolto (“ <3 ”)
che provocano nella studentessa picchi altissimi di glicemia e carie
dentarie; nella peggiore invece lui gioca a Farmville, o Petville, o Cityville,
e quindi le uniche cose di cui ha bisogno sono legna, mangime e sementi. Esiste
in realtà anche un’altra categoria di “papabili” che forse risulta essere
quella più criptica da comprendere per la studentessa, ossia quelli che
flirtano apertamente in classe o al bar e che poi hanno una bacheca su FB marcata
da quella che si scopre essere la fidanzata come un cane fa nel parco con la
sua pipì. Alla luce di tutti questi
aggiornamenti di stato la studentessa decide di spegnere il pc , si avvicina
alla scrivania, accarezza il libro e sospira: ”Domani è un altro capitolo!”
DIARIO DI UNA FUORISEDE –capitolo tredici: in cucina-
La cucina è
uno di quei luoghi che dovrebbero essere off limits per alcuni studenti. La maggior parte della
ferraglia presente in quella stanza è sconosciuta a quei ragazzi la cui
frequentazione, prima di diventare dei fuori sede, si limitava al frigo. I
primi handicap che essi manifestano riguardano l’accensione dei fornelli: essi
girano la manopola attendendo la fiamma che non si manifesta , si avvicinano,
annusano un po’ di gas, si inebetiscono e poi vengono soccorsi dai coinquilini
che gli porgono l’accendino: “a casa mia si accende in automatico” questa è la
scusa che offrono. I problemi maggiori si verificano quando anche il forno
necessita di un’accensione manuale e in tali occasioni lo studente comincia a
prepararsi psicologicamente molte ore prima di cominciare a cucinare; escogita
le tecniche più assurde: accartoccia gli appunti di statistica ed economia
sanitaria e li usa per creare una mega-torcia da usare come accensione ed
evitare di infilare il braccio nel forno manco fosse a rischio di esplosione.
Dopo i primi approcci con gli elettrodomestici, e dopo aver perfino scambiato
il frullatore per un arricciacapelli, comincia a cimentarsi con la preparazione
delle prime pietanze. Quasi ogni studente ha sperimentato l’ira funesta
dell’olio bollente quando si aggiungono i pomodorini: in queste occasioni
l’intera cucina si sporca di rosso sangue come se fosse avvenuto un efferato
omicidio e lo studente striscia pauroso e intimidito sul pavimento fino a quando riesce a trovare il
pomello giusto e a spegnere la fiamma. La maggior parte dei fuori sede
manifesta il proprio odio per la chimica proprio in cucina: si prova così tanta
rabbia per il cloruro di sodio che ci si rifiuta perfino di usarlo e in questo
modo le zucchine acquisiscono lo stesso sapore del filetto di carne e del
salmone. Quando lo studente si dimentica di unire il sale all’acqua di cottura
della pasta, spesso lo aggiunge quando la pietanza è impiattata, in fondo-si
ripete- rispetta il principio dell’equilibrio chimico, ma gli sfugge che sarà
costretto per il resto della giornata a bere come un cammello africano. Dal
semplice incidente di confusione del sale con lo zucchero nel caffè( episodio
accompagnato da spruzzi fuoriuscenti contemporaneamente dal naso e dalla bocca),
passa a preparare una frittata senza friggerla perché dimentica l’olio: “è più
dietetica” replica ai coinquilini esterrefatti. Talvolta lo studente decide di
cimentarsi nella preparazione di quel prelibato piatto visto in tv dalla
Clerici e copiato senza ritegno anche
dalla Parodi: la cotoletta alla
milanese; per impanare due fettine di carne è capace di sporcare l’intero
servizio di piatti a sua disposizione, a riprova della sua grande manualità. “I manici bruciati” sono la sua vera
specialità: ogni pentola, padella e macchinetta del caffè è stata seviziata con
la fiamma più alta del necessario. Spesso dopo aver estratto una teglia dal
forno con tutta l’accuratezza per non scottarsi, va in contro ad una profonda
bruciatura su tutto il palmo della mano nel momento in cui deve fare le
porzioni e impiattare. Ma la vera abilità dello studente alle prese con la
cucina sta nello sporcarsi sempre quando deve ritornare a lezione e tutti i
panni sono nella lavatrice: le volte successive, per evitare di macchiarsi, lo
si vede accanto ai fornelli con una tuta dei RIS.
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