Sfatiamo un mito: la notte prima dell’esame non esiste, l’ha
inventata Venditti per vendere più dischi. Trascorri l’ultima notte prima dell’esame
girovagando per la casa, ingurgiti un barile di camomilla e fai la spola tra il
letto, il bagno e la scrivania. Giustamente prendi sonno solo verso le cinque e
mezza per poi essere svegliata dal cellulare
poco più tardi. Dopo circa due mesi di clausura forzata indossare un
paio di jeans al posto del pigiama diventa davvero traumatico, per non parlare
poi dell’opera di restauro che deve subire il tuo viso… Giunta in aula con due
ore di anticipo scopri quasi di essere in ritardo e inizi a maledire la
camomilla della sera prima che comincia ad avere effetto tanto da farti
sembrare un procione in letargo. Decine di ragazzi ripetono parlando in un
lingua a te sconosciuta, ogni tanto percepisci una parola e allora provi ad
inserirti anche tu nell’affannoso discorso cercando di convincerti che qualcosa
la sai, poi incroci gli sguardi di chi sembra stare peggio di te e questo ti da
la forza per non andartene. La seduta
d’esame comincia: tre professori interrogano tre ragazzi in un’ora e mezza,così
chè il trentesimo nell’ordine di prenotazione calcola che entro la fine
dell’anno potrebbe farcela, Maya permettendo. È una strage, fanno più vittime di una guerra civile con la
loro penna BIC,poi scuotono la testa e mormorano qualcosa del tipo:”non le
voglio mettere un voto basso, quindi torni la prossima volta” mentre nella
mente dell’interrogato si rinnegano tutti gli anni di catechismo. Dal posto ti
sembra di aver studiato i fumetti di Topolino per lunghi mesi considerando che
non hai mai sentito parlare della metà delle cose che chiedono mentre l’altra
metà è …puff… scomparsa come Harry Potter e la polvere magica. Si avvicina il
tuo turno e il cervello sventola bandiera bianca, una gamba si muove e l’altra
è paralizzata così chè devi trascinarla alla cattedra. Guardi il prof con
intensità cercando di prevedere la prima domanda, lui di contro ricambia, ti osserva, sghignazza
e poi … e poi il resto è storia. (Alessia Martoccia)
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