lunedì 31 dicembre 2012

DIARIO DI UNA FUORISEDE -capitolo cinque: il viaggio verso casa


Terminata la sessione d’esami invernale alcuni esemplari di studenti, ormai liberi come degli ex detenuti di Rebibbia, decidono di tornare in famiglia per qualche giorno per essere ben rifocillati  e coccolati dalle amorevoli cure materne. Mentre lo studente si avvicina alla fermata dell’autobus non immagina cosa lo attende per le prossime ore… Osserva gli orari dell’autobus su un vecchio e ingiallito foglio di carta su cui il prezzo del biglietto è scritto ancora il lire. Attende solo pochi minuti quando all’orizzonte compare il bus, allora lo studente si alza e tende già il braccio per fermarlo ma a causa della sue forte miopia nota la scritta”FUORI SERVIZIO” solo quando manca poco alla perdita completa del suo arto. Trenta minuti più tardi lo studente si trova stipato nell’autobus tra il consueto Puzzone e la Nonnina che per tenere stretta la borsa “ si dimentica “ di aggrapparsi alle maniglie. Dopo aver rischiato più volte la vita sua e quella della nonna agli incroci, lo studente giunge alla stazione dove prenotare un biglietto del treno è più difficile dell’ordinare un piatto giapponese, in giapponese. Il tabellone degli orari è più pieno del solito perché vi sono parecchi ritardi, ma lo studente è fortunato(o almeno crede di esserlo): il suo treno ha solo 30 minuti di ritardo contro i 120 di un altro. Salito sul treno non riesce a raggiungere il suo posto(pagato) perché rimane bloccato da una coppietta di turisti in inter-rail e i loro zaini a doppio fondo, da una serie infinita di passeggini Chicco e da una colonia di pinguini in pellegrinaggio a Pompei armate di Bibbia e rosario. Lo studente dopo circa due ore trascorse all’in piedi, quando ormai ha perso ogni sensibilità nelle dita dei piedi( provato dopo che la carovana di passeggini vi è passata sopra), scende per effettuare il cambio di treno: ha circa 2 minuti per individuarlo sul tabellone, correre al binario e salirci sopra. Lo studente si dimena, corre all’impazzata, viene ingiuriato da tutte le forme di vita che incontra al suo passaggio e poi… e poi il treno ancora non è arrivato. In realtà non è un treno quello che lo aspetta, bensì una littorina con le panche di legno che va ad una velocità inferiore a quella alla quale potrei andare io, a piedi, e che effettua 15 fermate in stazioni dimenticate dall’ uomo e da dio: Cristo non si è fermato ad Eboli, è tornato pure indietro.

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