sabato 29 dicembre 2012

DIARIO DI UNA FUORISEDE –capitolo due:la stanza-



La stanza di una fuori sede è il miglior esempio per spiegare il concetto di entropia: tutto lì dentro è soggetto al moto browniano delle particelle. Il letto assomiglia ad un giaciglio improvvisato: le migliaia di coperte che lo compongono, per la maggior parte della giornata,non hanno un verso esatto e formano nell’insieme una montagna che potrebbe essere scambiata da Sgarbi per un’opera di arte contemporanea ; i cuscini- comodi e soffici come se fossero riempiti di truciolato- spesso si trovano ai piedi del letto mescolati con la tuta che indossi nelle occasioni speciali(quando viene il tecnico della caldaia o il ragazzo che consegna la pizza). La scrivania sorregge  circa una tonnellata di libri che per tutto il periodo d’esami formano un baldacchino sulla tua testa, e devi fare attenzione: la caduta del Lehninger potrebbe formare un cratere nel suolo. Le matite e le penne sono così numerose che se fossero denaro potremmo essere tutti miliardari, alcune te le ritrovi per terra, e te ne accorgi quando ormai ti sei infilzato un piede, altre invece sono tra i capelli perché non hai tempo per arrivare in bagno a prendere un elastico. La libreria diventa una credenza: accumuli tazze e bicchieri finchè le coinquiline non vengono espressamente a richiedertele minacciando di rubarti gli appunti.  Le pareti, una volta vuote e tristi, sotto esame si riempiono di fogli con le date degli esami che lampeggiano evidenziate in fucsia, lo schema della glicolisi ti osserva di fianco e la struttura della vitamina K pare un fac-simile della stele di Rosetta. Il pavimento, per lo spesso strato di polvere, da bianco diventa grigio e attutisce ogni rumore così che potresti non accorgerti di un ladro entrato per rubarti i riassunti, perché diciamolo, sotto esame TOGLIETEMI TUTTO MA NON LE DISPENSE DEL PROF! La spazzatura sembra un vulcano in eruzione di carta, e perfino sugli scontrini disegni L-glucosio.  E poi l’aria che aleggia nei 5metri quadrati ha ormai lo stesso profumo del Fumagalli.  (Alessia Martoccia)

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